Grazie a Maria Tosca Finazzi che ha messo a disposizione questo suo scritto su “Berg Heim, una piccola montagna magica”. Invece di trovare in sala un classico programma cartaceo è possibile leggere la bella introduzione scritta dalla giornalista Maria Tosca finazzi  direttamente qui, sulla pagina del festival e senza doverla stampare. (leggi tutto…)

“Berg Heim” Una piccola montagna magica

Musiche di Gianluigi Trovesi   

intorno al romanzo di Thomas Mann “La montagna incantata”

Con Berg Heim, una piccola montagna magica, Gianluigi Trovesi ha messo in azione il suo inconfondibile estro compositivo entrando nel corpo vivo di uno dei più grandi romanzi del Novecento, La montagna incantata o, secondo la più recente traduzione, La montagna magica di Thomas Mann. Con una presa di distanza ironica dalle dimensioni possenti delle Alpi svizzere di Davos, dove Mann ambienta la sua altrettanto imponente Zauberberg, Trovesi scala musicalmente la sua piccola montagna magica e gioca col titolo alludendo a un ambiente a lui più familiare, la sua Bergamo circondata dai colli delle Prealpi orobiche. Il gusto dello svisare si trasferisce dalle note alle parole: al di là della fedeltà alla lingua tedesca dell’originale, tra fantasia etimologica e topografica, subentra l’invenzione linguistica che evoca Bergamo su un colle, Berg, che è un po’ casa ma anche un po’ segreto, come suggerisce il doppio significato di Heim.

Con il suo inconfondibile stile compositivo, seriamente giocoso e giocosamente serio, Trovesi ha lavorato alla scrittura musicale intrecciandola strettamente alla narrazione del romanzo. Dalle danze popolari, alla musica rinascimentale e barocca, dal melodramma alla tradizione liederistica, dalla serie dodecafonica ai ritmi sfrenati della Berlino degli Anni Venti di Kurt Weill, la partitura aderisce talvolta strettamente al testo narrativo, mentre altrove ne prende ironicamente le distanze. Tra citazioni, variazioni, libere interpretazioni e reinvenzioni dei più diversi universi musicali, la partitura musicale, stratificata e immaginifica, non perde mai il gusto del divertimento, del sorriso che nasce dagli accostamenti inaspettati tra alto e basso e dalla successione di emozioni contrastanti.

Così, alla sontuosa ouverture Intrata di Giovanni Battista Buonamente (Mantova, 1595 ca. – Assisi, 1642) segue Fugacemente, un brano che gioca con la serie dodecafonica e accompagna il protagonista del romanzo, Hans Castorp, nel suo lungo e inquieto viaggio da Amburgo al sanatorio Berghof di Davos. Una piccola montagna magica interpreta nel suo significato più intimo e raccolto, uno dei momenti culminanti del romanzo, quando Hans riprende lentamente coscienza di sé dopo aver lottato per la vita durante una drammatica tormenta di neve. All’inizio del brano successivo che dà il titolo all’opera, Berg Heim, i sette suoni ripetuti del corno alludono alla simbologia ricorrente del numero sette nel romanzo, mentre una dolce danza bergamasca si trasforma in una marcia militaresca dal tono scanzonato, in aperta contraddizione con la tonalità cupa che la Grande Guerra intona nel sottofondo nel romanzo. Le profonde dicotomie etiche ed esistenziali sulle quali Mann orchestra i temi della sua narrazione sono introdotte con C’era una strega, c’era una fata, una variazione su un altro passo di danza, la “follia”. Prendendo spunto da alcuni frammenti del violinista e compositore Pietro Antonio Locatelli (Bergamo,1695 – Amsterdam, 1764), Frammenti locati richiama invece le interminabili e indimenticabili discussioni di Settembrini e Naphta, le due principali figure antagoniste del romanzo. Da una citazione dell’aria della Traviata, “Ah, fors’è lui che l’anima”, prende avvio lo struggente Profumo di Violetta che rimodula il tema eterno di Amore e Morte sull’innamoramento di Hans Castorp per la bella, affascinante e ambiguamente malata Madame Chauchat. Nelle due parti che compongono Bestiario gli ospiti del sanatorio sfilano grottescamente, in tutta la loro varia umanità e animalità, come personaggi brechtiani o figure in libera uscita da un bestiario medievale. E i suoi rami frusciavano come per dirmi… si ispira al Lied di Franz Schubert Der Lindenbaum, uno dei brani più amati da Thomas Mann che il suo Hans Castorp canticchia, con il respiro strozzato, in preda a una forma di “eccitazione attonita e priva di pensieri” mentre marcia disperato nel fango con i suoi compagni d’armi. L’ultimo brano delle meravigliose stanze che compongono la personalissima Wunderkammer di Trovesi riserva un insospettabile cambio di scena: Non è l’ottava scompone e ricompone un altro frammento di Pietro Antonio Locatelli e lo conduce verso la festa trascinante e il gran ballo finale che concludono Berg Heim.

Maria Tosca Finazzi