Scorrendo il cartellone del TJF 2019 colpisce il numero di artisti che potremmo etichettare sotto la voce “innovatori”. Musicisti che cambiano giorno dopo giorno il nostro approccio alla musica. Han Bennink (a Torino con l’ICP Trio e il CLGENSEMBLE), da oltre cinquant’anni guida il drappello dei creatori di nuove vie: lo fa da quando, dopo aver esordito con jazzisti come Sonny Rollins, Wes Montgomery, Eric Dolphy o Dexter Gordon, ha abbandonato gli schemi del jazz classico, iniziando a creare insieme a Misha Mengelberg, Willem Breuker, Peter Brötzmann e molti altri, quella che viene definita musica improvvisata europea. (leggi tutto…)
Il nostro poi non si è mai confinato a suonare solamente dietro ai tamburi, come vedrete certamente durante il concerto… Anche Fred Frith calca le scene della musica senza barriere da decenni. A Torino si presenta in “solo”: i suoi primi dischi per chitarra elettrica non accompagnata sono della metà degli anni Settanta, paralleli alle collaborazioni con i gruppi Henry Cow e Art Bears,ispirati da Soft Machine, King Krimson, Frank Zappa. E’ il rock che guarda all’avanguardia e al cabaret; che incorpora elementi jazz e folk. Frith interpreta la chitarra come uno strumento con regole diverse da quelle comunemente applicate nel suonarla. Ci sono quelli che la chitarra la suonano da virtuosi, quelli che cercano il feeeling, quelli che puntano all’energia. Fred Frith propone qualcosa di unico: si avvicina alla chitarra come un alchimista che prova a fare reagire l’elemento-strumento con altri ingredienti, selezionati dalla sua sensibilità. Vulcanico come Frith -e come lui compositore di musiche per il cinema- anche Michel Portal parte alla fine degli anni Sessanta con una vocazione a trascendere i confini. In questo senso Portal ha le carte perfettamente in regola, essendo nato ai piedi dei Pirenei, a pochi chilometri dal confine tra Francia e Spagna. Portal si rivela presto come interprete di Mozart, Brahms, Berg, ma è attivo nello stesso tempo nel campo della musica popolare basca e solista poliedrico di jazz d’avanguardia. Ai suoi esordi incide -praticamente in contemporanea- per due artisti appartenenti a mondi tra loro lontanissimi, come il batterista free Sonny Murray e lo Stockhausenper del lavoro Aus den sieben Tagen . Anche Moondog è uno tra i personaggi musicali meno “incasellabili” della storia della musica contemporanea, in grado di unire la pratica dei musicisti da strada ( e per anni fu uno di loro, come racconta la sua leggenda), con la composizione classica, attingendo a tutte le forme musicali che ha via via incontrato. Il suo lavoro a Torino diventa lo spunto per una rilettura ideata dal contrabbassista Stefano Risso e dal gruppo torinese Lapsus Lumine, al quale si aggiungono due stelle di prima grandezza come il batterista Jim Black e il violoncellista Ernst Reijseger.